Non ci sono stati responsabili per la morte di Aurelio Visalli, il sottufficiale della Guardia costiera della Capitaneria di Milazzo che il 26 settembre 2020 morì all’età di 40 anni per salvare un giovane nelle acque del mare di Ponente. Ieri il gip Giuseppe Sidoti ha ordinato l’archiviazione del procedimento. Prosciolti i due i sottufficiali della Guardia Costiera che intervenirono con Visalli. Emanuele Sufrà, 42 anni, e Francesco Amante, 43 anni, entrambi di Messina, erano indagati per l’ipotesi di omicidio colposo.

Per il gip la richiesta «merita accoglimento, perché risponde alle risultanze investigative, frutto di un’indagine complessa ed esaustiva, corredata da obiettive risultanze documentali e riscontri dichiarativi». Nella premessa, il giudice specifica: «In forza delle plurime acquisizioni, della puntuale ricostruzione operata, anche grazie al contributo professionale fornito da periti di indiscussa competenza e professionalità, nella vicenda in esame non si ravvisano profili di responsabilità nella causazione del decesso del secondo capo Aurelio Visalli, che a prezzo della propria vita ha onorato la sua appartenenza alla Guardia costiera, operando al fine esclusivo di salvare una vita in mare». Infatti, nessuna censura può essere mossa nei confronti dei due sottufficiali della stessa Guardia costiera, indagati per l’ipotesi di omicidio colposo. Si tratta di Emanuele Sufrà, 42 anni di Messina, difeso dall’avvocato Pietro Luccisano; e di Francesco Amante, 43 anni, di Messina, assistito dall’avvocato Salvatore Silvestro.

Dal settembre 2020 ad oggi sono state due le inchieste aperte sulla tragica vicenda, di cui la seconda scaturita da un supplemento di indagini approfondite con la perizia di un collegio di esperti e un incidente probatorio.

I due militari «nell’espletamento delle rispettive mansioni hanno osservato le disposizioni che regolavano l’intervento, senza impartire alcuna disposizione né omettendo qualsivoglia osservanza a diverse regole prudenziali che possano essere individuate come causa del decesso del loro collega. Nessuna ulteriore attività d’indagine appare doverosa o necessaria, e dunque il procedimento deve essere archiviato, con conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero».