“Noi che siamo un doppio errore della vita” ruota intorno a questa frase il corto “Forse perché eravamo gli ultimi” del regista Salvo Presti. Dodici minuti di riprese all’interno dell’ex carcere psichiatrico “Madia” di Barcellona Pozzo di Gotto che tolgono il fiato. Che lasciano impietriti di fronte ad una realtà, quella della disabilità psichica e marginalità sociale, che conosciamo poco e poco vogliamo conoscere. Dodici minuti di immagini in cui questa frase pronunciata dai malati psichiatrici della struttura viene ripetuta più volte. Perchè loro “doppio errore della vita” vorrebbero salvare il mondo. “Da noi che siamo gli ultimi deve ricominciare l’umanità”. Il cortometraggio realizzato da Salvo Presti immagina con le sue riprese cosa potrebbe accadere in un ex manicomio abbandonato ai pochi uomini sopravvissuti alla pandemia del funesto 2020. Tutto comincia in un mattino del 2024 quando i “salvati dalla vita” riescono misteriosamente a collegarsi ad una rete televisiva. Tra freddi corridoi e celle carcerarie riprese in tutta la loro particolarità i detenuti discutono di come da loro, ultimi tra gli ultimi, potrebbe ricominciare l’umanità. Perchè la natura e i virus adesso sembrano proprio aver scelto di liberarsi della specie umana.

Il filmato, che inchioda allo schermo scatenando mille riflessioni, è stato commissionato dall’équipe dell’articolazione per la Tutela della Salute Mentale della Casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto (Ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario) che ha attivato le procedure per la partecipazione al bando di concorso nazionale “Menti in Corto“, pubblicato dalla C.T.A. di Calatafimi. Un concorso che ha lo scopo di coinvolgere strutture residenziali e semi-residenziali che si occupano di disabilità psichica e marginalità sociale. Il quotidiano impegno dei vari professionisti sanitari e personale amministrativo in servizio presso l’Istituto di Barcellona P.G. è rivolto alla programmazione terapeutico-riabilitativo dei ristretti con l’obiettivo di promozione del benessere psico-sociale di ciascun partecipante .In questa prospettiva ha redatto un progetto di mediazione artistica per sviluppare la tematica del bando di concorso “2020: anno bisesto, anno funesto?

«La realizzazione del cortometraggio – spiega Nunziella Di Fazio, direttrice  dalla Casa Circondariale di Barcellona P.G.  – è un punto di arrivo di un percorso che attraverso il lavoro di rete ha potenziato la stimolazione della creatività e delle abilità artistiche e sociali per interpretare e risaltare, attraverso il linguaggio del cinema, gli aspetti personali, emotivo-affettivi, sociali, culturali ed artistici dell’anno in corso». Il cortometraggio, inviato alla C.T.A. di Calatafimi che renderà visibili tutti i corti delle strutture partecipanti sui social network dedicati, adesso deve ottenere il giudizio oltre che di giuria tecnica e di una giuria popolare, anche della giuria mediatica con la diffusione sulle pagine Facebook e Instagram “Menti in Corto”. La regia del corto dal titolo “Forse perché eravamo gli ultimi” è stata curata da Salvo Presti, la fotografia e l’editing da Emanuele Torre, il coordinamento del progetto è stato curato da Francesca Cordova e daValeria Schilirò.  A partecipare nella veste di improvvisati ma eccellenti attori sono stati undici detenuti (in ordine di apparizione) Roberto Piazza, Giuseppe Conti, Marco Raia, Sebastiano Marletta, Gesualdo Castorina, Mihai Marian Blindescu, Luciano Provenzano, Giovanni Bontà, Salvatore Furnari, Francesco Cavallaro, Salvatore Italiano. 

«Il corto – spiega Presti – è stato presentato nell’ambito di una conferenza stampa. Non è stato facile parlare di Covid in una struttura difficile come è quella di Barcellona. Ma loro sono stati bravissimi». Il loro è un inno alla vita. Tutti insieme chiedono al mondo di  “tornare a giocare, di credere alle cicogne, di vincere la malattia, di avere pazienza in periodi di burrasca, di ringraziare Dio, di rifare tutto e farlo bene.

«I sedici detenuti coinvolti nel progetto – spiega Nunziella Di Fazio – hanno avuto l’occasione essere proiettati verso un mondo diverso. E soprattutto verso l’esterno. Una possibilità che grazie alla tecnologia stiamo offrendo a tutti i detenuti checon un semplice collegamento video riescono a vedere le loro famiglie e le loro case».