Ciccio De Pasquale nella sua ultima uscita pubblica il 6 febbraio scorsoAddio a Ciccio De Pasquale, il sindaco che Milazzo non ha mai avuto 11 Marzo 2016 Il Commento 4 Commenti IL COMMENTO. La prima volta che conobbi Ciccio de Pasquale non usò mezze parole: mi mandò affanculo. Appena seppe il mio nome mi strapazzò per via di un articolo sul settimanale Centonove in cui scrivevo di un nuovo impianto che stava realizzando la Raffineria per la produzione di idrogeno: si chiamava Lc Finer. Per la sua pericolosità ne esistevano solo due in tutto il mondo e per lo più nel deserto. Io, giornalista ventenne, avevo avuto l’ardire di dare spazio alle perplessità del Wwf, ma lui – avido lettore del periodico regionale prima e di Oggi Milazzo dopo – non gradì. Non conosceva mezze misure De Pasquale ma – forse proprio per questo – tanta gente lo stimava. Oggi pomeriggio non solo il Santuario di San Francesco di Paola, ma anche la piazza antistante, è stata gremita da una folla silenziosa che gli ha tributato l’ultimo saluto. Ciccio De Pasquale, 70 anni, era funzionario della Raffineria (all’epoca Mediterranea). Di lui, ironicamente, si diceva due cose: che non avrebbe mai fatto il dirigente all’interno dell’azienda e che non avrebbe mai indossato la fascia di sindaco. Profezia confermata in entrambi i casi. Ma la vita di De Pasquale, interrotta da un male incurabile, è stata piena di successi professionali e politici: oltre al lavoro alla Raffineria è stato chimico del porto, fondatore assieme alla moglie di un laboratorio analisi e di un centro benessere di successo. Poi c’è la politica. Negli anni ’80 era ritenuto uno dei giovani rampanti della Democrazia Cristiana, poi passò ad Alleanza nazionale con un rapporto di amore-odio con il senatore Mimmo Nania (era il primo a chiamarlo la mattina di Natale per gli auguri), e infine il Partito Democratico. Ha ricoperto la carica di consigliere comunale, assessore, vice sindaco. De Pasquale era un politico che non doveva chiedere nulla a nessuno: il lavoro non gli mancava, aveva ottenuto gratificazioni sociali ed economiche, teneva molto alla famiglia. E’ stato questo il motivo per cui non è mai riuscito a fare il grande salto. Non era controllabile. Lui, d’altronde, con il carattere forte che si ritrovava, non nascondeva di essere un uomo di successo. Ricordava spesso da dove era partito («mio padre costruiva le cassette di legno utilizzate per trasportare le primizie della Piana di Milazzo») e dove era arrivato. Non per nulla quando parlava con un interlocutore gli ricordava sempre le origini. A me, ad esempio, continuava a ripetermi che papà’ faceva il postino. Agli amici era nota la sua devozione per il co-patrono di Milazzo. E’ stato uno dei promotori della raccolta fondi “Un mattone per San Francesco di Paola”, quando il santuario fu oggetto di crolli e chiuso al culto. L’anno scorso, nel più assoluto riserbo, fu il finanziatore della statua del santo patrono dei marinari posta nel molo Marullo. Con la sua morte se ne va un altro pezzo di Milazzo. Quello del politico locale che la gente riconosceva per strada, uno che sapeva leggere una delibera, che conosceva vita morte e miracoli di tutti. Indissolubile l’affetto e la stima che aveva avuto con don Peppino Cutropia che aiutò nella realizzazione della Chiesa del Sacro Cuore. C’è il suo zampino anche nella realizzazione di un teatro al Castello di Milazzo in qualità di assessore alle Finanze in una delle innumerevoli giunte Cartesio. L’ultima volta che ci siamo visti il mese scorso è stato a palazzo D’Amico. Era visibilmente stanco, dimagrito. Non l’avevo riconosciuto, fu lui a toccarmi la spalla e sollecitarmi: «Figghiu du pustino, non mi saluti?». L’ultimo saluto, purtroppo, oggi tocca a me: ciao Ciccio. GIANFRANCO CUSUMANO Condividi questo articolo Facebook Twitter Email Print Whatsapp Linkedin Visite: 3.192 CONTINUA A LEGGERE SU OGGIMILAZZO.IT