E’ stato condannato a 8 anni e 4 mesi con 80 mila euro di multa il carabiniere milazzese Francesco Anania accusato di custodire nel proprio terreno di contrada Bastione, frazione della piena, un arsenale. E’ di tre condanne ed un’assoluzione la sentenza del gup del tribunale di Barcellona Salvatore Pugliese, che si è pronunciato a conclusione del processo con rito abbreviato per il ritrovamento di un arsenale della mafia nella zona di Bastione a Milazzo, all’interno di un terrero di un carabinieri in pensione Francesco Anania.

Il giudice del tribunale di Barcelllona ha disposto la condanna per Francesco Anania ad 8 anni e 4 mesi con 80 mila euro di multa, per il fratello Giuseppe Anania a 4 anni e 4 mesi con 10 mila euro di multa e per il nipote Felice Anania a 2 anni e 4 mila euro di multa. Assolto invece Cristian Felice Anania, il figlio di Francesco, perché ritenuto responsabile di favoreggiamento personale di un familiare e quindi non punibile ai sensi dell’art. 384 del codice penale.

Il Pubblico Ministero a conclusione la requisitaria, in realtà, aveva richiesto la condanna per tutti gli Anania, che dovevano rispondere a vario titolo di favoreggiamento e di detenzione illegale di armi e droga, per l’arsenale ritrovato nell’agosto 2014 all’interno di un terreno di loro proprietà, in via Isonzo nella contrada Bastione di Milazzo con pene molto più pesanti di quelle attribuite (a difendergli gli avvocati Pinuccio Calabrò, Armando Veneto e Tindaro Celi).

Nell’estate 2014 una fote confidenziale  indicò proprio il territorio di proprietà di Francesco Anania, come luogo in cui erano stati conservati ingenti quantitativi di armi, nella disponibilità della famiglia mafiosa barcellonese (all’interno del procedimento non vi è alcuna dichiarazione del pentito Carmelo D’Amico come si ipotizzò in un primo momento). Dagli scavi eseguiti dai carabinieri del Ros e dai vigili del fuoco venne trovato anche una partita di droga. Nell’immediatezza dei fatti, scattò l’arresto per il carabiniere Francesco Anania e per il figlio Cristian, scoperto con addosso 200 grammi di cocaina e 300 grammi di marijuana, con l’aggravante del favoreggiamento dell’organizzazione mafiosa. Le successive indagini portano al coinvolgimento di Felice, nipote di Francesco e figlio di Giuseppe, quest’ultimo già condannato in primo grado per l’omicidio passionale di Stefano Mobilia, nuovo compagno dell’ex moglie, avvenuto nel 2009 sul lungomare di Ponente a Milazzo.

Nella formulazione delle accuse, la Procura di Barcellona si era avvalsa infatti delle intercettazioni ambientali in carcere durante un colloquio tra i due fratelli, in cui si faceva riferimento alle dichiarazioni di D’Amico ed al terreno dove furono ritrovate armi e droga.

Il gip del tribunale di Barcellona Anna Adamo, in occasione della convalidato dell’arresto di Francesco Anania, non aveva però ritenuto sufficienti gli elementi raccolti per contestare anche l’aggravante di aver favorito l’organizzazione mafiosa del comprensorio tra Barcellona e Milazzo, confermando solo l’accusa di detenzione illegale di armi e droga. Per i due ragazzi l’accusa è di detenzione di armi per Felice Anania e di favoreggiamento nello spaccio di sostanze stupefacenti per Christian Anania. L’avvocato di quest’ultimo, Pinuccio Calabrò, ha visto confermata la sua tesi secondo cui il ragazzo avrebbe tentato di occultare la droga solo in difesa del padre e per questo non è stato giudicato punibile del gup Pugliese.