Come auspicavo in un precedente articolo di questa rubrica, la presa di posizione del Governo in tema di riordino delle concessioni è arrivato. La riforma delle concessioni balneari passa per un articolato compromesso con la Commissione europea: obbligo di avviare le gare entro giugno 2027 e proroghe allungate fino al 30 settembre dello stesso anno. Ma con la facoltà di anticipare i bandi per i Comuni che intenderanno farlo.

Il testo di ingresso in Cdm, che potrebbe subire ancora delle modifiche su aspetti di dettaglio, proroga le concessioni fino al 30 settembre del 2027, con obbligo per i Comuni di avviare tassativamente le gare entro il 30 giugno precedente. Ma i Sindaci avranno la facoltà di anticipare i bandi presentando un’adeguata motivazione. Il termine delle concessioni, inoltre, sarebbe allungabile fino al 31 marzo 2028 per contenziosi pendenti o altre ragioni oggettive di difficoltà nell’esecuzione delle gare.

Pilastro fondamentale del riordino saranno gli indennizzi per i concessionari uscenti (che non godranno di alcun diritto di prelazione), posti a carico di quelli eventualmente subentranti. Un successivo decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti dovrà stabilire un adeguamento dei canoni che, in caso di mancata adozione del provvedimento, saranno comunque aumentati del 10 per cento.

Nel riordino i Comuni avranno un ruolo centrale. La tesi è che lasciare ai Sindaci la facoltà di gestire i tempi delle procedure, risulterebbe decisiva in sede di contenzioso Ue, perché si renderebbe difficilmente attaccabile la scelta di un Comune di arrivare fino a settembre 2027: tecnicamente non si tratterebbe infatti di una proroga automatica e generalizzata (da sempre bocciata dalla Ue) ma di una decisione frutto di valutazioni caso per caso sulla base dell’interesse del territorio di competenza.

Per quanto riguarda gli indennizzi, essi saranno pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, compresi gli investimenti effettuati in conseguenza di calamità, al netto di ogni misura di aiuto o sovvenzione pubblica percepita e non rimborsata, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un’equa remunerazione sugli investimenti degli ultimi cinque anni. Il valore sarà stabilito sulla base di una perizia asseverata. E qui la vera batosta per gli uscenti sarà legata all’assenza di parametri di indennizzo legati alla redditività (salvo modifiche dell’ultima ora).

Il riordino interviene poi su altri aspetti, che ritengo utili specie nelle piccole comunità, e come già avevo auspicato nel precedente articolo a riguardo. Le nuove concessioni avranno una durata da 5 a 20 anni. Il Comune deve comunicare un’eventuale mancata suddivisione in lotti e deve essere precisato il numero massimo di quelli aggiudicabili a un solo offerente, clausola che dovrebbe servire a tutelare le microimprese. C’è poi una griglia articolata di criteri di gara, alcuni elaborati in modo da assegnare comunque un punteggio premiale agli uscenti o ai piccoli operatori. Ad esempio, saranno valutati anche il fatto di essere stato titolare nei cinque anni precedenti di una concessione come prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare; l’esperienza tecnica e professionale in attività comparabili; il numero di lavoratori che l’offerente si impegna ad assumere dal concessionario uscente; il numero di concessioni di cui si è già titolare nel territorio concedente, penalizzando i pluri-licenziatari per tutelare le piccole imprese; ma anche la corrispondenza degli impianti alle tradizioni locali e l’offerta di servizi che valorizzano le specificità del territorio.

SANTI GRILLO, commercialista