Capita ormai soventemente di imbattersi in “discorsi da bar” in cui l’argomento centrale sia il mondo delle criptovalute.

Fatta questa premessa è bene ricordare come con la Legge di Bilancio del 2023 il legislatore abbia colmato il vuoto normativo esistente e abbia definitivamente diradato le incertezze sugli obblighi per i detentori. Sono stati istituiti infatti obblighi specifici, sia nel dichiarare le criptovalute di cui si è in possesso (che riguardano le plusvalenze al superamento di una certa soglia) sia dal punto di vista del monitoraggio fiscale. Per il fisco italiano le cryptovalute sono valute virtuali, cioè dei mezzi digitali di scambio. Tradotto, significa che queste valute non esistono in forma fisica e quindi si generano e si scambiano esclusivamente per via telematica. Si tratta quindi di valuta “nascosta”, nel senso che è visibile e utilizzabile solo grazie ad un determinato codice informatico, ossia le cosiddette “chiavi di accesso”.

Le valute digitali sono considerate alla stregua delle valute estere e, in quanto strumenti finanziari che possono generare reddito diverso, sono sottoposte a tassazione in base all’art 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). E qui sorge l’obbligo: se mi diletto a scambiare cryptoattività e realizzo un guadagno (plusvalenza), tra il costo di acquisto e il prezzo di vendita, va tassato in base all’art.67 del TUIR, ovvero con un aliquota del 26%, sempre se questa differenza non supera nel periodo di imposta la franchigia di Euro 2.000,00. Ai fini del calcolo occorrerà documentare con attenzione il costo o il valore di acquisto delle cripto-attività per evitare discrepanze fiscali. In assenza di documentazione, il costo si presumerà pari a zero, e dunque tutto il prezzo di cessione verrà considerato plusvalenza.

Operata la parte che ritengo (dalla mia personale esperienza) più complicata, cioè quella di ricostruire i vari portafogli e le diverse operazioni di scambio e realizzo, si passa all’obbligo dichiarativo, diventato oramai piuttosto semplice ed intuitivo. Da quest’anno partono le novità della riforma fiscale. Tra queste, quella che prevede l’ingresso dell’imposta sostitutiva sulle criptovalute, e in generale sulle cripto-attività, nel nuovo quadro W del modello dichiarativo 730 che permetterà di assolvere anche agli obblighi di monitoraggio fiscale. Di conseguenza, non sarà più necessario presentare il precedente quadro RW, e sarà dunque il nuovo quadro W ad ospitare le attività cripto-attività detenute attraverso “portafogli”, “conti digitali” o altri sistemi di archiviazione o conservazione ai fini del calcolo delle relative imposte, semplificando le modalità di dichiarazione.

In conclusione, tralasciando la mia scettica opinione personale sull’opportunità di investirci, è bene che l’approccio alle cryptoattività, seppur dilettevole, sia consapevole degli obblighi che potrebbero scaturirne, diversamente “giocarci” potrebbe diventare rischioso anche solo e soltanto per le sanzioni a cui si andrebbe incontro violando gli obblighi fiscali.

Santi Grillo, commercialista

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