Peppino Lucchesi con la figlia Daniela al "Gran Galà dei Porti" nel luglio 2021LA STORIA. Peppino Lucchesi, una vita vissuta a tutta velocità: dalla Celetrasporti a Nibali. I suoi racconti 3 Febbraio 2023 Cronaca 5 Commenti E’ una storia semplice quella di Peppino Lucchesi. Fatta però di grandi valori e di coraggio. E’ una storia che i figli Claudio e Daniela, nel luglio del 2015, hanno voluto che io mettessi per iscritto. Cominciando dal 1953. Un desiderio che voleva essere un riconoscimento al padre che ha fatto la storia dell’imprenditoria milazzese. Ci siamo conosciuti così io e Peppino, mi ha detto subito che dovevo chiamarlo per nome. Siamo rimasti a parlare per ore nella sala riunione della sua azienda, la CelerTrasporti. Lui parlava senza mai abbassare lo sguardo. Io ascoltavo e prendevo appunti. Era inarrestabile, ma di interromperlo non ne ho avuto voglia. Il suo è stato un racconto appassionante dove serietà e un innato fiuto per gli affari sono sempre stati al centro di ogni decisione. Peppino, comincia dalla sua grandissima passione per il ciclismo, che ha accompagnato le tappe di sessantadue anni di lavoro, e continua precisando che basta solo conoscere bene il proprio mestiere per ottenere ottimi risultati. Da decenni la sua azienda è leader nel settore dei trasporti merci su strada in Italia e all’estero. Peppino si è spento oggi, a 89 anni, i funerali si terranno domani, sabato 4 febbraio, alle ore 15.30 nella Chiesa del Santissimo Redentore in Pace del Mela. Fino a qualche anno fa ha tenuto le redini dell’impresa supportato dagli inseparabili figli e da un affiatatissimo team che per anni ha seguito le sue indicazioni. Centinaia di mezzi, altrettanti dipendenti e contratti firmati con le più importanti multinazionali di tutto il mondo. Una storia che comincia quando Lucchesi, poco più che ventenne, acquista dalla concessionaria Fiat Gemelli un camion nuovo e un rimorchio usato. Tanta la voglia di lavorare. Pochi i soldi in tasca. «Ho firmato – mi confessa durante l’intervista fatta sette anni fa – cambiali per quattro milioni e quattrocento mila lire». E i viaggi cominciarono il giorno dopo. Da Spadafora a Trapani. All’andata il trasporto di mattoni. Al ritorno il sale e le scaglie di marmo. Avanti e indietro. Ogni giorno. «In ventiquattro mesi avevo già pagato tutto». Con sacrifici e tanta fatica. «Per scaricare i mattoni ci volevano tre ore. Un lavoro che nei primi tempi facevo da solo e senza guanti. Ma le mie mani sanguinanti non mi hanno mai demoralizzato». Macinare chilometri, ricercare nuovi clienti e coltivare la passione per le scalate. Per anni la vita di Giuseppe Lucchesi è stata solo questo. «Insieme alla merce – continua – caricavo nel camion sempre la mia bici». Quella che a diciassette anni ha ricevuto in regalo da Moleti, commerciante barcellonese. «Non potevo comprarla. Lui mi disse di prenderla, correre e vincere». Quasi una scommessa per Giuseppe Lucchesi che ha cominciato a gareggiare e conquistare un trofeo dopo l’altro. Oltre mille le coppe collezionate partecipando a competizioni locali, nazionali e una volta anche in Spagna. «Non smettevo mai di allenarmi. Portavo la bicicletta con me perché sfruttavo il tempo dello scarico del materiale. Due, tre ore di allenamento, una doccia e ripartivo». Lavoro e passione. Senza mai sentire il peso della stanchezza. «Riuscivo a riposare qualche ora solo durante il ritorno, quando a guidare era l’autista con cui dividevo il lavoro». Così anno dopo anno i camion diventarono cinque, sei i dipendenti e cominciarono i viaggi a Milano. «Salivo e scendevo in continuazione, spesso nello stesso giorno. Individuavo un cliente, proponevo il servizio e ritornavo a casa sempre con un nuovo contratto sotto il braccio». Stringere accordi, valutare attentamente le spese, controllare i prezzi dei concorrenti. A Giuseppe Lucchesi non è mai sfuggito proprio nulla. «Non ho mai accettato i consigli di nessuno – precisa – anzi preferisco sempre supportare gli altri con la mia esperienza». Lui che a una stretta di mano ha sempre dato più valore di una firma su un foglio di carta. Poi il matrimonio. A 23 anni. E i tre figli. Sorrideva Giuseppe Lucchesi. Sorrideva spesso quando parlava. «Ho scelto di chiamare la mia azienda CelerTrasporti perché volevo essere veloce. In tutto. E ci sono riuscito. Nel 1971, quando ormai la sua ditta dettava le regole nel trasporto merci siciliano, acquista i primi autotreni. Necessari per portare il grano da Messina ai consorzi agrari di Trapani, Siracusa, Vittoria. E poi oltre lo Stretto per consegnare la birra Heineken prodotta nello stabilimento messinese. Nel 1990 un nuovo passo avanti. Il trasferimento da Venetico a Giammoro, nella zona industriale. Un capannone di oltre 20.000 metri quadrati di area adibita allo stoccaggio con i mezzi di sollevamento che consentono la movimentazione delle merci. E l’apertura a Rosate, in provincia di Milano, di un deposito utilizzato come centro di raccolta per la Sicilia. Entrare nel suo ufficio è stato un viaggio nel mondo del ciclismo nazionale e mondiale. Un ricordo in ogni angolo. Appesi alle pareti le maglie e le foto dei più grandi ciclisti degli ultimi tempi. Da Pantani a Cipollini per arrivare al messinese Nibali. E di un altro grande sportivo, Alberto Tomba. Tutti suoi grandi amici. Perchè lui, con il suo carisma, riesciva sempre a conquistare il cuore di tutti. E soprattutto dei campioni. «E’ riuscito con i suoi racconti – ricorda la figlia Daniela – ad affascinare anche Marcello Mastroianni». I mezzi della CelerTrasporti, nell’ottobre del 1989, sono stati protagonisti del film “Stanno tutti bene” diretto da Giuseppe Tornatore. Subito dopo aver compiuto ottanta anni ha appeso al chiodo la sua inseparabile bicicletta. «E per festeggiarli – ricorda – sono salito pedalando al santuario della Madonna Nera, a Tindari». E’ evidente. E’ stata una storia semplice quella di Giuseppe Lucchesi. Fatta di lavoro e passione. Rossana Franzone Condividi questo articolo Facebook Twitter Email Print Whatsapp Linkedin Visite: 12.471 CONTINUA A LEGGERE SU OGGIMILAZZO.IT