Santino NapoliGotha 7, ecco cosa hanno detto i collaboratori di giustizia del milazzese Santino Napoli 24 Gennaio 2018 Cronaca 3 Commenti Ufficialmente lavorava all’ospedale Fogliani come infermiere ed era conosciuto per la sua intensa attività politica che lo ha portato a ricoprire ininterrottamente la carica di consigliere comunale dal 1993 al 2015. In realtà, Santino Napoli, 67 anni, secondo le accuse dei collaboratori di giustizia su cui si fonda l’operazione Gotha 7 promossa dalla Procura di Messina, è stato un punto di riferimento del Clan dei barcellonesi a Milazzo con una particolare attività a cavallo tra gli anni ’90 e i 2000. Le accuse sono pesantissime e costellano le 826 pagine dell’ordinanza che stanotte ha portato all’applicazione di quaranta provvedimenti di custodia cautelare. Napoli sarebbe ritenuto il volto pulito del clan a Milazzo che ad ogni elezione amministrativa veniva sostenuto da tutta l’organizzazione, un intermediario tra le aziende che venivano sottoposte a tentativi di estorsioni e gli esponenti del sodalizio del Longano (un episodio citato risale al 1997/1998 e riguardava il bar Dolce Vita, in Marina Garibaldi), colui che tramite il ruolo di consigliere comunale teneva sotto controllo il territorio e riferiva di appalti e delle rispettive ditte che vincevano le gare, veniva tutelato nella gestione (diretta o tramite congiunti) di discoteche. Aveva rapporti diretti con Sam Di Salvo e Carmelo D’Amico ritenuti tra i più autorevoli esponenti del sodalizio. Con la famiglia d’Amico nel 2004 avrebbe gestito delle discoteche: “Le terrazze” e “l’inside”. Nel 2015 nonostante sia risultato il piuù votato della lista “Milazzo Green” non riusci ad essere riconfermato in consiglio comunale. Al contrario di tutti gli altri indagati finiti in manette a cui viene contestato l’articolo 416 bis (associazione mafiosa), però, a Santino Napoli e Filippo Milone, il giudice per le indagini preliminari ha riqualificato l’accusa in “concorso esterno in associazione mafiosa” e sono stati concessi ad entrambi gli arresti domiciliari con il divieto di comunicare all’esterno. IL CONCORSO ESTERNO. «…Questo giudice ritiene che la condotta del Napoli si ponga su quella linea di confine non sempre facilmente definibile fra intraneità e concorso esterno – si legge nell’ordinanza a firma del Gip Monica Marino – Come detto le condotte sul piano oggettivo sono sostanzialmente assimilabili. La differenza sta nell’inserimento nella struttura organizzativa dell’associazione e nell’affectio societatis. Quanto all’inserimento quasi tutti i collaboratori di giustizia si sono espressi nel senso più che altro della vicinanza del Napoli all’associazione mafiosa barcellonese: il Bisognano ha dichiarato che il predetto non era organico, ma costituiva un punto di riferimento per l’associazione; i fratelli D’Amico hanno parlato di persona vicina o che faceva favori all’associazione. Solo il Siracusa è stato più netto parlando di appartenenza all’associazione mafiosa barcellonese. Sul piano soggettivo sembra che il Napoli abbia inteso beneficiare dell’appoggio della mafia barcellonese per realizzare i propri interessi (tutela dell’ordine nelle discoteche, spedizioni punitive realizzate dagli associati nei confronti di persone che gli avevano fatto dei torti, compensi a fronte di informazioni riservate da lui fomite), assicurando a sua volta un apporto determinante all’associazione ma dall’esternò, senza condividerne cioè l’affectio societatis. Può concludersi quindi per la qualificata probabilità che il Napoli sia stato concorrente esterno e ciò fino ad epoca relativamente recente». I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA. A parlare di Santino Napoli sono i collaboratori di giustizia Salvatore Centorrino, Nunziato Siracusa, Francesco D’Amico. «Gli episodi più datati, quali il favoreggiamento della latitanza del Cuttone ed i contatti con lo storico boss Gullotti, alla prima parte dell’esposizione – si legge nell’ordinanza – si possono enucleare i comportamenti più significativi posti in essere dal Napoli negli anni 99/2000: 1) in forza del ruolo ricoperto dallo stesso nell’ambito dell’amministrazione milazzese, ha fornito informazioni di interesse per il clan, in particolare ha indicato i lavori appaltati dal comune e le ditte che li avrebbero realizzati per consentire all’associazione di rendere queste ultime immediatamente destinatarie di atti intimidatori e conseguenti pretese estorsive (in tal senso D’Amico Francesco, D’Amico Carmelo, Siracusa). Tali informazioni non sono state date episodicamente, bensì ripetutamente nel corso degli anni 1990/2000 nelle varie riunioni che gli affiliati ebbero con il Napoli il quale – talora- procedeva alla consegna di veri e propri “pizzini” indicanti imprese e lavori; a fronte di tale apporto alla realizzazione di profitti illeciti il Napoli riceveva un compenso”. A tal proposito alcuni collaboratori hanno parlato di una somma fissa data al Napoli (2 milioni di lire al mese, ndr), altri della consegna di somme proporzionali all’importo dei vantaggi illeciti assicurati, ma le divergenze chiaramente attengono a profili di contorno quindi marginali, 2) in qualche occasione è stato anche portavoce del clan, ha cioè “sistemato” le estorsioni operando come mediatore presso la vittima per conto dell’associazione (ad esempio presso il locale “La Dolce Vita” di Milazzo negli armi 1997/1998 o nel caso dell’estorsione Caravella nel 2009). 3) ha favorito, grazie al ruolo ricoperto e nei limiti delle influenze in grado di esercitare, l’aggiudicazione di certi lavori pubblici ad imprenditori intranei o contigui all’associazione (Mastroeni, Marchetta, Puliafito e Molino) ed ha comunque agito di concerto con esponenti di spicco della mafia barcellonese (i fratelli D’Amico) affinchè certe iniziative imprenditoriali venissero gestite da questo o da quell’imprenditore (vicenda Pergolizzi- Perrone anni 2004/2005), 4) grazie alla sua attività di infermiere professionale e dei contatti creati con personale sanitario riusciva a far ottenere certificazioni di favore nell’interesse degli affiliati al clan, 5) ha beneficiato dell’aiuto dell’associazione per ottenere il mantenimento dell’ordine all’interno delle discoteche da lui gestite (vicenda Foti fra il 2005 ed il 2007) ed ha ottenuto l’aiuto dei d’Amico allorché ha volute porre in essere azioni punitive per interessi personali (ai danni di un fioraio nel 2003)». LA FEDELTA’ ALLA FAMIGLIA D’AMICO. Secondo le dichiarazioni, comunque, ancora negli anni 2013-2014 Napoli era considerato quindi «punto di riferimento della mafia barcellonese». «Nel 2016 – riporta l’ordinanza – il Napoli si sia avvicinato a D’Amico Elio manifestando fastidio per le propalazioni del collaboratore essendo stato fedele alla famiglia D’Amico ed abbia fatto intuire di volersi mettere in contatto con Carmelo affinchè rivedesse le accuse mossegli. Ciò è una riprova che il Napoli si era messo a disposizione di D’Amico Carmelo prima del pentimento di costui. Per finire da recenti intercettazioni è emersa la continua preoccupazione del Napoli di essere intercettato». LE INTERCETTAZIONI NELL’AUTO. Il Commissariato di Polizia di Barcellona, infatti, aveva sottoposto Santino Napoli ad intercettazione telefonica ed ambientale. «Il primo dato che emergeva, a seguito di tale attività – si legge nelle carte della procura – era il fortissimo timore, da parte di NAPOLI Santino, quasi una vera e propria ossessione, di essere intercettato; egli, di conseguenza, si adoperava continuamente per “bonificare” e rendere sicura la propria vettura. NAPOLI Santo, in data 17.02.2014, si recava presso l’autofficina Peugeot, ubicata in via De Gasperi del comune di Milazzo (Aggiornamento: L’autofficina citata ha fatto delle precisazioni in merito LEGGI QUI), dove due soggetti, dipendenti di quella ditta, di nome “Francesco” e “Felice”, si prodigavano per bonificare l’autovettura Audi A4 dell’indagato, ricercando eventuali microspie. Alle ore 14,00 del 17.02.2014, NAPOLI Santo, a bordo della sua autovettura, oggetto di intercettazione ambientale, si trovava presso l’autofficina Peugeot di via De Gasperi, così come rilevato dal servizio rilevamento GPS montato a bordo di quel mezzo. La conversazione con progressivo nr. 398 del 17.02.2014, delle ore 14.00 documentava in modo inequivocabile che costui e “Francesco” erano alla ricerca di microspie. NAPOLI partecipava attivamente alle diverse fasi di ricerca (“…no qua dietro, qua guarda,., non lì sotto… c ’è un posto là più avanti… ”). Francesco utilizzava chiaramente un rilevatore di microspie (“…non si devono avere cellulari addosso, tu giralo, tensionalo bene…”); costui si accorgeva che una parte del cruscotto sembrava manomessa (“….sembra che è graffiato… questo è giravite… colpi di giravite sono…”) e raccontava che in un’altra occasione egli aveva rinvenuto, sempre grazie al rilevatore di microspie, un apparato installato sopra un’altra autovettura (“….una volta ne ho trovato una dentro un coso di questo… che era una scatoletta così con due sim…”). NAPOLI ricordava a Francesco che già in passato costui aveva trovato una microspia all’interno della sua auto (“…perché tu te lo sei scordato quando nel Mercedes me l’hai tolta tu?..”). In quella occasione, però, il tentativo di rinvenire l’apparecchiatura di intercettazione installata sul veicolo non andava a buon fine, cosicché NAPOLI lasciava l’officina, convinto che il suo mezzo fosse stato bonificato». IL SILENZIATORE. Nel corso di una conversazione con tale Francesco Formica (che non risulta indagato) si faceva riferimento ad un un “silenziatore”, che – secondo gli inquirenti – “altro non poteva essere che silenziatore per armi da fuoco”. «In particolare, NAPOLI Santo, sempre parlando con il FORMICA – si legge – accennava alla possibilità che essi stessi avrebbero potuto fare un qualcosa, senza particolari problemi (“quella cosa, non ci sono problemi, ce la possiamo fare pure noi stessi”). Il FORMICA, evidentemente tranquillizzato dalla bonifica appena effettuata (“lo metti fuori senza farti vedere e ti segna se c’e’ qualche telecamera”) e quindi da ogni possibilità di essere intercettato, faceva riferimento all’opportunità di utilizzare un silenziatore (“….il silenziatore… ”). NAPOLI chiedeva se quel congegno l’avesse un certo Francesco (“ce l’ha Francesco?”); FORMICA, di rimando, domandava conferma al suo interlocutore se gli servisse effettivamente un silenziatore (“eh, che ti serve a te il silenziatore fatto?”). Il FORMICA aggiungeva di aver parlato con una certa persona, la quale finalmente si era convinta ed aveva vinto la sua iniziale ritrosia, dovuta al fatto di essere stata controllata “per il fatto di SANTAPAOLA” (“… io ho già parlato con lui oggi, ora si è convinto, è che per ora è sotto controllo per quel fatto di SANTAPAOLA….”). Le parole del FORMICA scatenavano una reazione assai energica da parte di NAPOLI Santo, il quale, evidentemente spaventato dalla estrema delicatezza dell’argomento, intimava in maniera perentoria al FORMICA dì scendere immediatamente dall’auto, interrompendo bruscamente la discussione, divenuta scomoda se ascoltata da orecchie indiscrete (…SCENDI). FORMICA, per tutta risposta, insisteva sull’argomento con il NAPOLI e ribadiva che quella persona era disposta a consegnare un “qualcosa” al NAPOLI, se costui ne aveva davvero bisogno; evidentemente, quella persona si riferiva al silenziatore (““…ha detto se ti serve NAPOLI interrompeva nuovamente il FORMICA (“…SCENDI!); con l’evidente scopo di continuare una conversazione così pericolosa fuori dall’autovettura. Secondo l’ufficio di Procura il soggetto “sotto controllo per il fatto di SANTAPAOLA” potrebbe identificarsi in “Salvuccio LAUDANI”, ossia LAUDANI Salvatore, nato a Catania il 23.6.1979, residente in Nicolosi (CT), arrestato nel 2012 per traffico internazionale di sostanze stupefacenti, commesso quale referente del clan mafioso catanese “Filiera-Puntina». Condividi questo articolo Facebook Twitter Email Print Whatsapp Linkedin Visite: 45.046 CONTINUA A LEGGERE SU OGGIMILAZZO.IT