Era stato ingiustamente condannato a 5 anni e 2 mesi di reclusione perché accusato dall’ex convivente e dal nuovo compagno della donna, di violenza a sfondo sessuale nei confronti della figlia che all’epoca dei fatti aveva appena 4 anni. Dopo 11 anni di agonia giudiziaria, un insegnante di Milazzo di 51 anni è stato assolto con la formula più ampia “perché il fatto non sussiste”. A dare la notizia è stata la Gazzetta del Sud con un articolo di Leonardo Orlando. L’assoluzione, in riforma della precedente condanna, è stata determinata dai giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria a seguito di annullamento deciso dalla III sezione della Corte di Cassazione che nel 2014 aveva annullato – con rinvio degli atti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per la celebrazione di un nuovo processo – la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Barcellona, il 22 dicembre del 2006. Sentenza con la quale si condannava il noto professionista di Milazzo, un ingegnere di 51 anni, sul quale era piombata l’accusa di violenza sessuale nei confronti della figlia che all’epoca dei fatti aveva poco più di 4 anni. La stessa sentenza era stata confermata nel processo di secondo grado in Corte Appello, il 28 febbraio del 2012.

 

Secondo il suo legale, l’avvocato Giuseppe Lo Presti (a difenderlo anche l’avvocato Armando Veneto), si sarebbe trattato di “una ingiustizia” alla quale doveva essere messa la parola fine già molti anni prima. Ad accusare l’uomo che da allora non ha più potuto avere contatti con la figlia, l’ex convivente e il nuovo compagno della donna, tanto che in primo grado il Tribunale di Barcellona presieduto dal giudice Anna Adamo, aveva deciso la condanna a 5 anni e 2 mesi di reclusione.

 

La sentenza di assoluzione, decisa dalla Corte d’Appello di Reggio, presidente Rosalia Gaeta, consiglieri Concettina Garreffa e Luigi Varrecchione – ha scritto la Gazzetta del Sud –  ha di fatto verificato e ritenute valide, secondo le linee dettate dalla Cassazione, del ricorso della difesa, nel quale si sosteneva soprattutto che una perizia ordinata sulle intercettazioni ambientali effettuate grazie ad una microspia installata in una bambola con la quale giocava la bimba, mentre nel periodo “incriminato” tra il gennaio e il maggio del 1999, negli attimi in cui la minore si trovava in compagnia del padre separato dalla mamma, escludeva quanto affermato dalla madre e dal suo nuovo compagno. La super perizia fonica ha infatti escluso che si percepissero “sussurri” e frasi “ansimanti” che in primo grado avrebbero pesato non poco, assieme alle accuse mosse dalla ex compagna che avrebbe riferito racconti della bimba, sull’esito del processo. Infatti i giudici di Reggio Calabria, nel processo bis, hanno stabilito che la testimonianza dell’ex compagna dell’imputato e del suo nuovo convivente che aveva fatto da riscontro fossero inattendibili perché incitavano, suggestionandola, la bambina a raccontare cosa faceva quando si trovava con padre. In un caso, la stessa bimba che aveva poco più di 4 anni, ha persino corretto la madre che nel mimare quello che faceva “papà” per convincere la bimba a spiegare quello che accadeva invece di toccarle il pancino metteva una mano sui genitali.

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Giovanni
Giovanni
7 anni fa

Conosco bene la vicenda e a differenza di molti Milazzesi non ho mai dubitato dell’integrità dell'”ingegnere”. Amico mio volta pagina e riparti più forte di prima. IL mondo spezza tutti e poi molti sono forti proprio nei punti spezzati.

Mauro
Mauro
7 anni fa

E che dire dei giudici che rovinano ingiustamente le persone per bene ?

Salvo
Salvo
7 anni fa

La giustizia trionfa sempre.Gli accusatori di questa terribile vicenda dovranno essere condannati per questo orribile gesto.