Le “casematte” di Milazzo, una storia da raccontare e da far rivivere 30 Marzo 2017 Cronaca, In Classe 4 Commenti ISTITUTO COMPRENSIVO SECONDO. Tra gli aneddoti più o meno leggendari della mia famiglia, uno ha sempre destato la mia attenzione di “piccolo storico appassionato”. Mio nonno mi raccontò: «Durante la mareggiata del 1955, quando avevo poco più della tua età, con i miei amici salii su un bunker della costa di Ponente per osservare il mare in burrasca. Ma la situazione precipitò, perché le ondate oltrepassarono la strada e si riversarono nelle campagne intorno, costringendoci a restare lì sopra per diverse ore. Aspettammo che il mare si calmasse per poter tornare a casa e raccontare quella leggerezza della nostra età, come niente fosse, ma che sarebbe potuta diventare un’esperienza tragica». Il bunker, di cui mi parlò mio nonno, è quello vicino all’icona della Madonna del Tindari nei pressi di Santa Marina. Oggi è visibilmente inclinato perché anni fa qualcuno abusivamente tentò di spostarlo senza riuscirci, scavandogli attorno con una ruspa e facendolo sprofondare su un fianco. A Milazzo, tra Ponente e Levante, sono visibili ancora numerosi bunker chiamati anche “casematte”. Uno si trova alla ’Ngonia, dietro la chiesetta del Tono, che la Soprintendenza dei Beni Culturali di Messina ha dichiarato nel 2015 “di interesse culturale”, per preservarlo dalla demolizione, “in quanto memoria storica e testimonianza dell’architettura militare in Sicilia tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale”. Un altro è quello di Vaccarella ed è il più particolare. Sopra è stata dipinta per devozione l’immagine di San Francesco di Paola che attraversa lo stretto di Messina sul suo mantello, insieme ad un frate. Molte casematte oggi sono in uno stato di degrado. Sarebbe giusto recuperarle e valorizzarle, come è stato fatto in Normandia, utilizzandole come supporto di murales con scene della storia e dell’identità milazzese: la vita e il lavoro dei pescatori, le tonnare, la storia delle gelsominaie, la vicenda garibaldina, l’episodio delle guerre puniche, l’eroe Luigi Rizzo. Si potrebbe proporre un progetto di “Adotta un bunker” per coinvolgere tutti quei privati che hanno attività commerciali vicino a queste strutture. Potrebbero essere loro a finanziare il loro recupero. Qualche anno fa un’iniziativa di questo tipo è stata lanciata da Giuseppe Morgana, critico d’arte messinese che nel 2014 fu nominato “Esperto per le arti visive” del Comune di Milazzo. Lui, assieme all’Associazione culturale Siddharte, si occupò dell’ideazione di alcune mostre e progetti, tra cui proprio la riqualificazione dei bunker milazzesi. Giuseppe Morgana conosce benissimo la storia delle casematte. E domanda dopo domanda è riuscito a svelarmi tutti i segreti di queste strutture. Spiegandomi anche come è possibile valorizzarle. Da chi furono costruiti i bunker e in quale periodo esattamente? Quanti sono? Le casematte furono costruite tra il 1941 e il 1943 sotto il regime fascista e con il supporto delle forze armate tedesche di stanza in Sicilia; servivano come difesa costiera ma, dato che lo sbarco alleato fu a Cassibile, non vennero mai utilizzate. Dal censimento che mi è stato fornito dai funzionari del Ministero della Difesa furono costruite 32 casematte nel territorio di Milazzo È mai stato ritrovato qualche reperto bellico al loro interno? Dopo la fine della guerra furono bonificate e dunque tutti i reperti furono eliminati e le aree furono messe in sicurezza. Ci sono limiti o vincoli per il recupero, legati alla loro proprietà? Quello della “proprietà” delle casematte è un argomento che è stato oggetto di discussione e approfondimento in quanto, secondo la legge, il terreno su cui insistono alcune delle casematte è di pertinenza del Demanio Marittimo (spiagge), mentre per quelle situate all’interno, la proprietà è di privati (ce ne sono due nel territorio della Raffineria, altre sono state inglobate in abitazioni o distrutte) o del Comune di Milazzo. Tutte le strutture in cemento armato sono di proprietà del Ministero della Difesa, per cui se si vuole intervenire bisogna mettere d’accordo tutte le parti interessate. Non esiste un vincolo della Soprintendenza in quanto non rientrano nei parametri di “tutela” ma, ove si volesse intervenire, occorrerebbe un “nulla osta” da parte della sezione Architettonica della Soprintendenza stessa”. Che cosa propose lei per recuperarle, nel suo progetto? Ritiene che la mia idea di “Adotta un bunker” sia attuabile? “Il progetto “Casematte d’Artista”, nato nel 2014 con il supporto dell’allora Assessore alla Cultura e al Turismo Dario Russo, prevedeva la realizzazione di un vero e proprio circuito all’interno del quale le casematte facessero da riferimento. L’idea era quella di creare un percorso da fare a piedi o in bicicletta seguendo la linea ideale che le casematte tracciano da Levante a Ponente. L’intervento artistico sarebbe stato realizzato attraverso un bando internazionale di idee selezionate poi da una commissione di esperti, mentre l’intervento di bonifica e abbellimento delle aree attorno alle casematte avrebbe permesso anche la creazione di nuove opportunità e nuovi punti di interesse e aggregazione. Reputo molto interessante e propositiva la tua idea di “adottarle” perché questo fortifica il senso di appartenenza e di identità. Dato che sono considerate tuttora costruzioni militari l’intervento si sarebbe potuto realizzare solo sull’esterno dei bunker, essendo vietato l’accesso all’interno per motivi di sicurezza; dunque era stato progettato un bando che prevedesse anche la durata nel tempo delle installazioni artistiche: come puoi immaginare l’esposizione alla salsedine e alle intemperie è un fattore da considerare se si vuole realizzare qualcosa che duri nel tempo e non necessiti di costante manutenzione (in buona sostanza l’idea era non soltanto di dipingerle ma di usarle come base/nucleo per installazioni scultoree, anche di grandi dimensioni e dunque visibili in un ipotetico nuovo “skyline”). Spero che questo progetto possa tornare all’attenzione di chi di competenza. LA STORIA Bunker è un termine tedesco che sta ad indicare una casamatta di cemento armato comunicante con l’esterno o con opere adiacenti, generalmente semisotterranee, o con locali sottostanti alla parte fuori terra. Si può presentare a pianta circolare, con volta arrotondata o piatta e munito di feritoie orizzontali per armi da fuoco. Durante la seconda guerra mondiale Milazzo subì massicci e cruenti bombardamenti e diversi edifici furono rasi al suolo. Assieme a Catania, Augusta e Palermo, fu anche individuata quale zona di sbarco nel piano anglo-americano d’invasione della Sicilia, denominato ‘Operazione Husky’. Nel luglio 1943, quando l’invasione fu attuata ed era in pieno svolgimento, il porto di Milazzo venne potenziato notevolmente nelle sue difese quale importante centro marittimo, ferroviario e militare. Fu in quel periodo storico che probabilmente furono costruite le casematte o bunker. EMANUELE VALENTI IIA Media Luigi Rizzo Condividi questo articolo Facebook Twitter Email Print Whatsapp Linkedin Visite: 14.411 CONTINUA A LEGGERE SU OGGIMILAZZO.IT