Peppe FallitiI medici ambientalisti sul Css: «Referendum a S. Filippo del Mela? Grimaldello delle industrie» 30 Settembre 2015 Ambiente 37 Commenti «La manifestazione di domenica 27 settembre ad Archi è stata l’ennesima manifestazione della volotà popolare che va ben al di sopra di uno striminzito referendum limitato al solo Comune di S. Filippo già asservito ai colossi industriali e che, in questo momento, sarebbe non strumento di democrazia come quello del 1989 contro la trasformazione a carbone della Centrale Enel, ma grimaldello della lobby industriale per esercitare un inutile ricatto occupazionale sulla Cittadinanza però dell’intero Comprensorio». A sostenerlo è Peppe falliti, responsabile provinciale dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente. Falliti, fondatore del Wwf di Milazzo, interviene sulla polemica innescata dalle parole del sindaco di San Filippo del mela che ha disertato il corteo di domenica scorsa. Tutto ruota attorno al progetto di utilizzare il Css (combustibile derivato dal trattamento dei rifuti) all’interno della centrale termoelettrica A2A/Edipower di San Filippo del Mela. LA PATENTE D’AMBIENTALISTA. «Le tremila e passa persone che hanno manifestato ad Archi non sono scese in “passerella” ma hanno reso testimonianza della disattenzione della politica con la “p” minuscola che ha venduto Salute e salubrità dell’Ambiente per meri vantaggi economici e logiche di scambio di voti. Tremila Cittadini hanno il diritto di dettare qualunque agenda politica, a maggior ragione in assenza palese delle Istituzioni locali». Il presidente dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, non va per il sottile. «I vari Sindaci di S. Filippo, nessuno escluso, non hanno avuto e non potranno mai avere alcuna patente di “ambientalista” perché hanno contribuito nel corso degli anni non solo al continuo degrado ambientale ma anche e soprattutto alla mancata bonifica dell’area, recitando (loro) litanie, assentendo ad ulteriori insediamenti industriali. E’ ambientalista chi rispetta i cittadini e le naturali vocazioni del territorio». COL CSS AUMENTANO I METALLI PESANTI. Nel corso degli ultimi mesi l’Associazione Medici per l’Ambiente è stata ascoltata in varie Commissioni parlamentari e Consigli comunali sui progetti di nuova industrializzazione pesante nel Comprensorio del Mela. i suoi rappresentanti hanno più volte ribadito che bruciare CSS non conviene né all’ambiente né alla salute e le motivazioni che si forniscono per giustificare questa pratica “sono pericolose ed inconsistenti”». «Bruciando CSS invece di combustibili fossili si riducono di poco le emissioni di CO2 mentre “aumentano le emissioni di metalli pesanti” – spiega Falliti – La combustione del CSS ha un impatto negativo sull’ambiente derivante dai composti che questa genere, come diossine, furani, PCB, normalmente assenti nelle emissioni da combustibili fossili. Questo tipo di composti tossici emessi in atmosfera, presentano un particolato ultrasottile (PM 2,5; >0,1) che non viene sufficientemente intercettato dai sistemi di filtrazione e abbattimento negli inceneritori. Nel CSS è ammessa la presenza di cloro sino all’1% e ciò lo rende in grado di incrementare le emissioni di diossine e altri composti tossici clorurati persistenti in palese violazione della Convenzione di Stoccolma sui POPs ( inquinanti organici persistenti)». L’Italia è attualmente al terzo posto in Europa per numero di inceneritori operativi contravvenendo alle più recenti direttive europee, che chiedono ripetutamente agli Stati membri l’abbandono completo dell’incenerimento entro il prossimo decennio. «Un inceneritore di CSS non farebbe altro che porre le basi per imminenti altre vertenze lavorative», sostiene Falliti. INFRAZIONE EUROPEA. Alla Direzione Generale dell’Ambiente della Commissione Europea – secondo la nota dell’associazione – è in corso di valutazione una proposta di procedura di infrazione contro l’Italia proprio in relazione alle norme che hanno definito l’uso del CSS. In particolare motivo di contestazione è il fatto che il Css non potrebbe perdere la qualifica di “rifiuto“ come avviene in Italia in quanto, qualora venisse bruciato in impianti, mancherebbe di un presupposto necessario e cioè che “ l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porti ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana “ come recita l’art 6 § 1 lettera D della direttiva 2008/98/CE . Condividi questo articolo Facebook Twitter Email Print Whatsapp Linkedin Visite: 4.819 CONTINUA A LEGGERE SU OGGIMILAZZO.IT